Sergio Miceli (nuova edizione a cura di Maurizio Corbella)
Morricone, la musica, il cinema [Ricordi, LIM 2022]
Si apre con questo post una nuova rubrica in pieno spirito 19’40’’: Consigli di Lettura.
Testi, pubblicazioni e libri assemblati o reperiti all’interno della vita del gruppo che anima il lavoro dietro a questa nostra collana, ormai giunta alla vigilia della 17esima uscita (Musica Razionale). Faremo brevi cenni, recensioni e appunti di viaggio a cadenza non regolare. Questa è la prima “puntata”, se così si può dire.
Speriamo ne trarrete giovamento.
Sul signor Morricone è stato detto molto di recente. Ma quello che io personalmente non sapevo è che era stato detto quasi tutto con un solo semplice testo a firma Sergio Miceli. Grazie alla riedizione critica di Maurizio Corbella (insigne musicologo che ha regalato all’uscita “Pictures at an Exhibition” 19m40s_04 una meravigliosa perla di prefazione), e alla bella presentazione in compagnia del nostro Francesco Fusaro alla libreria Birdland di Milano, mi sono deciso ad acquistarlo.
In questo straordinario scrigno analitico di oltre 500 pagine, ci sono perle musicali che mi erano o sfuggite o che si erano sperse nel mare magnum della produzione morriconiana.
Tra alcuni degli esempi interessanti c’è una breve analisi della versione della tradizionale piemontese Ciribiribin, cantata da una splendida Miranda Martino (1962):
L’arrangiamento è per quattro pianoforti e partendo da un Bartòk dichiarato, si passa a citazioni classiche a cascata (Mozart, Donizzetti, Beethoven e Schubert) e come dice Miceli con effetto umoristico ma anche straniante. A margine del manoscritto si può leggere la seguente annotazione “Questi pezzettini dovrebbero tutti uscire da un vecchio grammofono difettoso”.
Altro pregevolissimo esempio del Morricone colto, è un brano per violino, violoncello e pianoforte del 1958 dal titolo Distanze e per cui è riportato un aneddoto in cui il maestro avrebbe incitato un’interprete tedesca nell’esecuzione del brano alzandosi in piedi e battendo una mano sul pianoforte all’esclamazione di “Sturm und Drang!”. Immagino il solo tedesco parlato che il Maestro conoscesse…
Una parte decisamente sorprendente e di cui finalmente ho potuto avere di fronte un esempio diretto (con brani in partitura e in riduzione) è il Morricone che scrive brani modulari per il cinema. Pare che quasi tutti i film di Dario Argento e gli altri del genere thrilling venissero partoriti con questa tecnica, ma qui si parla di uno dei film più iconici del Sergio Leone maturo: Giù la testa (…coglione!) del 1971.
Non è un caso che del brano in questione, dal titolo Invenzione per John, ci siano più versioni con durate e forme diverse. Del resto era inevitabile perché è scritto per brevi blocchi interscambiabili e sovrapponibili, suddivisi in sezione di strumenti o in timbri isolati. Ecco la versione cosiddetta “originale” del brano:
E un’altra denominata #2:
A pagina 195 si legge: ad alcuni strumenti è affidata una funzione ancor più coloristica e indirettamente di “disturbo” armonico: è il caso della fascia della chitarra elettrica, tutta basata sull’urto di secona maggiore, raddoppiata dal vibrafono […]” L’analisi è di estremo interesse e di rara chiarezza, molto utile per chi volesse capire meglio un certo pensiero contrappuntistico e allo stesso tempo pragmatico del compositore. Eh sì perché la modularità consente di comporre pagine brevi per musica lunga, approccio fondamentale per il cinema dove la produzione è spesso in continua gara contro il tempo.
Miceli non risparmia anche critiche, soprattutto ad una parte del lavoro con Nuova Consonanza. In particolare si accanisce sulla title track del disco The Feed-Back: una banalissima figurazione ritmica affidata alla batteria (il grande Vincenzo Restuccia, n.d.A.) così come la si può ascoltare in “Flash”, un motivetto strumentale di un oscuro complesso, “The Duke of Burlington”, che in Italia ebbe una certa diffusione nel 1969, quindi un anno prima della realizzazione del disco […].
Comparando i brani effettivamente il nesso è molto forte e la cosa mi ha molto sorpreso:
Flash, The Duke of Burlington
The Feed-back, Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza
Un altro interessantissimo lavoro modulare, applicato però alla composizione pura (o “assoluta” come la chiamava Morricone) è un bellissimo brano per coro di 18 voci bianche del 1979 dal titolo Bambini del mondo.
Si tratta di un canto politestuale formato da quindici linee tratte da sistemi scalari etnici e inscatolato in nove moduli interscambiabili e sovrapponibili. Alla maniera di Invenzioni per John di cui abbiam fatto un accenno poco fa. Per quanto esuli dal Morricone cinematografico, si sente in nuce molta della linfa espressiva che emerge in film come Chi l’ha vista morire?, o lo stesso Mission, dove c’è abbondante uso di voci infantili.
Insomma, questo libro è caldamente consigliato per uscire dal cliché del Morricone-emozionale e per entrare nella sua materia architettonica vera e propria.
Costo 35€, molto ben spesi.
EG