Un giorno Franceso Fusaro, l’ingegnoso musicologo e dj della 19’40’’ disse “ragazzi, perché non facciamo un disco ambientalista?”. Beh, ottima idea. Ma da dove cominciare? Ambientalista, ecosostenibile, ecologico sono tutte cose che in musica si traducono male. Anche perché a ben sentire, solo il silenzio è la musica più ecologica che ci sia. Il silenzio è il predominio della natura che suona, anzi: è il suono dell’uomo che lascia suonare il mondo. L’assenza dell’uomo sarebbe la cosa più ecologia che c’è. E quindi l’uomo non può fare un disco ecosostenibile per ragioni intrinseche. È un cul-de-sac. “Caro Francesco” stavo per rispondere “non se ne esce”.
Ma il musicista Sebastiano De Gennaro conosceva un disco bizzarro (a sua volta consigliato da Matteo Lenzi, in una catena infinita di relazioni), registrato nel 1976 da Mort Garson, un arrangiatore e compositore americano di musica leggera, che si intitola “Mother Earth’s Plantasia”. Forse sulla scia del movimento hippie californiano, questo curioso signore decise di produrre un lavoro sonoro specifico per “la crescita delle piante”. In copertina c’è uno schizzo naif di due personaggi stilizzati che attorno ad una specie di rampicante dentro ad un vaso sorridono felici. È un art work tremendo, sembra l’etichetta di un diserbante. Ad implementare l’improbabile quadro concettuale c’è una scritta firmata “Dr. T.C. Singh, Department of Botany, Annamalai University India”. Un disco dal pollice verde, certificato da una ignota istituzione Indiana.
A sollevare però il tutto dall’operazione astruso-antropocentrica ci pensa il fatto che questa musica contenuta su disco è meravigliosa.
I dieci brani dai buffi titoli tipo “Rapsodia in verde” o “Concerto per Filodendro & Photos”, provengono dall’ingegno di un vero artigiano della forma strumentale, da uno che di scrittura armonica e di coscienza compositiva ne sapeva (Garson studiò alla Juilliard School). Ne più e ne meno del livello di Piero Umiliani o di Burt Bacharach. Probabilmente l’ossatura del progetto nacque dal pianoforte, ma poi, il signor Garson decise di registrare tutto quanto con l’uso del Moog e di altri sintetizzatori di cui, all’epoca, era un felice pioniere.
Per quanto “Plantasia” non sia un disco ecosostenibile di fatto e non contribuisca minimamente alla crescita delle piante (il consumo elettrico di un laboratorio fonologico pieno di oscillatori nel 1976 non era certo parsimonioso), è un progetto talmente para-scientifico, da essere perfetto per la crescita dei bambini! Genitori di tutto il mondo lo sperimentano di persona e pare funzioni a meraviglia. Un giorno faremo, con 19’40’’, una versione di questo album interamente acustica, con piccola orchestra. Così non consumeremo nemmeno un watt.
Sarà il nostro modo per essere ecosostenibili nella pratica e non nella teoria. Nei limiti di essere degli esseri umani, ovviamente.
Vi terremo aggiornati.